giovedì 10 febbraio 2011

Lo schiaffo a Eluana

Il Fatto:
Non è potuta morire in pace, né adesso la lasciano riposare in pace. Oggi [ieri ndr], secondo anniversario della scomparsa di Eluana Englaro, ricorre la giornata nazionale degli stati vegetativi, celebrazione indetta dal Consiglio dei ministri, su proposta del sottosegretario Eugenia Roccella. Non bastavano, per Beppe Englaro, le urla in Senato il giorno della morte, o le leggi dell’ultimo minuto che hanno cercato in tutti i modi di bloccarlo. Ancora una volta la politica è entrata nella vita della famiglia di Lecco, che ha definito questo ennesimo gesto di sfida “indelicato e inopportuno”.

Il padre di Eluana, Beppe Inglaro, pochi giorni fa ha depositato il suo biotestamento, dove delega come amministratore di sostegno, garante delle sue volontà nel caso in cui non fosse più in grado di intendere o di esprimersi con i medici, l'avvocato Franca Alessio (già curatrice di Eluana durante la lunga battaglia giudiziaria per ottenere l'autorizzazione a sospendere l'alimentazione forzata).
Di seguito la sua testimonianza presa da L'Espresso:

«Chiunque voglia tutelarsi da questi pericoli, può fare come ho fatto io. La medicina fa miracoli, ma a volte fa disastri irreparabili. Io non ho il tabù della morte, ho il tabù di quello che mi possono fare i medici contro la mia volontà. L'idea che tocchino il mio corpo, che entrino dentro di me, che mi puliscano gli escrementi senza che io lo voglia è qualcosa di orribile, una violenza inaudita ed è contro la costituzione e i diritti naturali di ognuno di noi. Eluana è stata violentata, io non posso immaginare che questo capiti anche a me».

E così la decisione di delegare già da subito le proprie volontà all'avvocato Alessio. Convinto che, se anche il Italia non ci sarà mai una legge sul biotestamento, «la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la convenzione di Oviedo e la stessa sentenza Englaro siano dei paletti legislativi tali da impedire che un medico, a fronte di quel documento, possa sottopormi a cure cui io ho negato il consenso», aggiunge Englaro. A chi gli parla delle manifestazioni dei pro vita o delle dichiarazioni del ministro Maurizio Sacconi, il padre di Eluana non dà più nemmeno retta. Parla di «recite» ed «effetti speciali» della politica italiana.

«Biotestamento significa che ognuno decide per sé, per cui chi vuole farsi curare ad oltranza, da questo provvedimento, ottiene il diritto di farlo per ora e per sempre. Io non ho mai chiesto nulla a questi signori, non ho mai imposto il mio pensiero. Mentre questi signori hanno imposto a mio figlia cure che lei non voleva. Che c'entrano loro con Eluana? Loro invocano la sacralità della religione, che vale per i credenti. Io, in uno stato laico, credo che l'unica sacralità sia la libertà dell'individuo. E io l'ho scritta. Ora nessuno può dirmi che quella non è la mia volontà. Il curatore è solo un delegato, sono io che parlo. E non possono nemmeno dirmi che ho cambiato idea, perché se avessi cambiato idea sarei tornato dal notaio a cambiare il biotestamento».

A due anni dalla morte di Eluana nella clinica udinese "La Quiete" è, dunque, papà Beppino a riaprire il dibattito sulle volontà di fine vita. Con il rischio che il parlamento riprenda la discussione sul progetto di legge che affida al medico e non al paziente l'ultima decisione. Una legge che Englaro combatterà con tutte le forze: «La sola idea che una mente umana, in questo caso un medico, possa costringere un altro umano a vivere uno stato che in natura non esiste, che è l'esito non voluto di un tentativo di rianimazione non riuscito, è incredibile. Non è pensabile che i medici possano attuare su di me questi loro tentativi senza avere il mio consenso. Loro lo sanno bene, ma non lo dicono. E così organizzano manifestazioni».

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