venerdì 1 aprile 2011

Radiazioni con Bandiera Blu

Di Gianni Lannes

Sembra il mare di nessuno. Dove, chi vuole, può affondare le proprie carrette colme di rifi uti pericolosi e intascare il premio assicurativo in uno dei luoghi più suggestivi della costa Adriatica: le aree protette delle isole Tremiti-Pianosa e il parco nazionale del Gargano. Left ha scovato e ricostruito la storia di alcune imbarcazioni inabissate con a bordo un carico di spazzatura tossica e radioattiva. Armati di sonar e ecoscandaglio siamo andati in mare aperto e ci siamo immersi fi no a 60 metri di profondità. La pesca questa volta ha dato i suoi frutti. Le informazioni raccolte a Londra, presso la sede dei Lloyd’s, combaciano con le indicazioni dei pescatori sipontini.

Al largo del Gargano, in direzione delle isole Pelagose, Left ha individuato numerosi relitti. Navi e barili lasciati marcire nel mare e sulle spiagge. La prima imbarcazione, carica di scorie tossico-nocive, porta il nome Selin (1.712 tonnellate di stazza lorda). Uffi cialmente è stata autoaffondata il 10 aprile 1989. Poco più in là, nei pressi di Pianosa, riposa il peschereccio Arcobaleno. Secondo quanto si apprende dalle comunicazioni radio con la Capitaneria portuale, è il 12 settembre ’91 quando gli uomini d’equipaggio, testimoni involontari, assistono allo sversamento di bidoni metallici ad opera di un mercantile sconosciuto. L’imbarcazione da pesca viene successivamente speronata dalla nave di 2.582 tonnellate di stazza lorda. I pescatori Giuseppe e Saverio Olivieri e il collega Matteo Guerra risultano dispersi. Il motopesca è adagiato su un fondale a 110 metri. Nello stesso scenario acquatico, 18 miglia a nord-est di Vieste - a 135 metri di profondità - giace l’imbarcazione Messalina. Dai riscontri uffi ciali risulta speronata, il primo maggio 1995, dalla nave Esram (12.670 tonnellate di stazza lorda). Identico copione: la nave cisterna turca viene scoperta alle ore 20 mentre abbandona in mare il suo carico speciale. Le condizioni meteo-marine appaiono ottime. L’Esram urta e affonda deliberatamente il peschereccio di Manfredonia e poi fugge a Rijeka in Jugoslavia. Muoiono Michele Attanasio e Antonio Andretti. Il sostituto procuratore della Repubblica, Giuseppe De Benedectis, ritrova la nave, poco tempo dopo, in Sicilia. La mette sotto sequestro ma non riesce ad individuare i colpevoli. Trascorrono meno di tre anni e, l’8 marzo ‘98, cola a picco a 12 miglia est al largo del Gargano, con mare calma piatta, il peschereccio Orca Marina. Muore il giovane Cosimo Troiano. «I container sono stati individuati», scrive nel rapporto il capitano di fregata Vincenzo Morante. In una nota riservata – di cui nessun civile era a conoscenza – inviata dalla Capitaneria di Porto al comando navale dell’Adriatico, è scritto: «Il sinistro marittimo potrebbe essersi verifi cato a causa del probabile incattivamento dell’attrezzo da pesca a strascico in un ostacolo presente sul fondale marino. Inoltre, dall’esame delle deposizioni testimoniali rese dai naufraghi, è risultato che tale ostacolo potrebbe essere uno tra i tanti container presenti nella zona, sbarcati tempo addietro da nave sconosciuta. Pertanto si prega di disporre un’accurata perlustrazione all’interno dell’area dove giace il relitto». Potrebbe trattarsi del mercantile bulgaro Osogovo, l’ultima nave avvistata ad abbandonare il suo carico di morte.

Nell’estate del ‘98 il cacciamine Vieste localizza la motobarca, mentre la nave Anteo trasporta i palombari del Comsubin che recuperano il corpo del pescatore e fi lmano i container. La notizia del ritrovamento del cimitero subacqueo di rifi uti rimane però “top secret”. «Attualmente sappiamo dove sono i container che i pescatori locali hanno provveduto a segnalare con l’ausilio del Gps», dichiara nel carteggio il comandante De Carolis. «A tutt’oggi, fatto grave – argomenta il senatore Francesco Ferrante – la Marina Militare non ha ancora fornito all’autorità giudiziaria i fi lmati che potrebbero far luce sulla vicenda dei rifiuti affondati in questo tratto del Mediterraneo poco sorvegliato». Nel cuore della riserva marina delle Tremiti non si entra se non con un permesso speciale che la Capitaneria non concede quasi mai. A ridosso dell’isolotto di Pianosa giace una nave battente bandiera cipriota. È la Panayiota che venne volontariamente affondata in questo paradiso terrestre l’11 marzo 1986. Il mercantile custodiva nella stiva circa 695 tonnellate di residui chimici.

Continua quì su "Il Gargano Nuovo"


Nessun commento: