venerdì 28 ottobre 2011

Il 15 ottobre degli anarchici

Il solito teatrino, con i soliti protagonisti e il solito copione: sempre gli stessi.
Gli stessi giornalisti che elogiano le “missioni di pace” in Afghanistan e gli “interventi umanitari”
in Libia, adesso parlano della “guerra” di San Giovanni.
Gli stessi politici che si preoccupano della lesione della privacy a causa delle intercettazioni
telefoniche effettuate mentre trafficano, con i soldi pubblici, in cocaina, escort e appalti per le
“grandi opere” e le piccole poltrone, oggi plaudono alla “brillante operazione” della polizia che, a meno di 24 ore dalla manifestazione, è andata a perquisire a casa centinaia di persone alla ricerca di improbabili armi ed esplosivi, calpestando qualsiasi parvenza di legalità borghese, visto che non c’era il minimo indizio a carico, neanche sulla presenza a Roma, per molti dei perquisiti.
Gli stessi magistrati tanto osannati da una certa “sinistra” fanno finta di non sapere che la pena massima per una rapina in banca è sette anni, mentre un minorenne incensurato che, forse, ha tirato un sasso a una vetrina di una banca rischia fino a 15 anni: per i “difensori delle libertà costituzionali e dei diritti”, l'arresto di improbabili, presunti e mai provati “terroristi” urbani è stata sempre un'occasione d'oro per fare carriera. Noi, a questo teatrino, non vogliamo prendere parte e caliamo il sipario su questa stomachevole commedia già vista troppe volte. Ci sembra che ognuno dei protagonisti abbia a cuore il proprio ruolo, cattivi compresi: NOI NO!
A noi sembra molto più serio precisare alcune cose sul 15 ottobre a cominciare dalla scelta di realizzare un corteo plurale dove le diverse componenti si potessero esprimere, ognuna con le proprie modalità. Condizione essenziale perché ciò avvenisse era che nessuna componente prevaricasse le altre. Riteniamo dunque autoritario che qualcuno abbia preso la testa del corteo ed abbia imposto a tutti gli altri le proprie pratiche, quali che fossero. Non ci scandalizziamo per la vetrina rotta, il SUV bruciato e condividiamo la madonna spaccata (con i soldi che non pagano di tasse, i preti se ne possono comprare ben altre) però riteniamo questi eventi velleitari ai fini di una rivoluzione sociale poiché non modificano in alcun modo i rapporti di forza tra sfruttati e sfruttatori. 
Indipendentemente dal merito, ci sembra opportuno sottolineare l'immediato uso strumentale che si è fatto del 15 ottobre per imporre una svolta autoritaria nella gestione dell'ordine pubblico.
Tutti - polizia, politici e giornalisti compresi - sapevano che il 15 a Roma sarebbe stata una giorna
ta difficile: sono perciò del tutto ipocrite e pretestuose la “sorpresa” e “l'indignazione” diffusi a mezzo stampa. Il divieto di manifestare nel centro della Città di Roma per un mese, imposto seduta stante da un sindaco di estrema destra, ricorda il Cile di Pinochet e l'Italia di Kossiga.
La proposta di ripristinare la legge Reale (peraltro mai abrogata) sintetizza le comunanze tra il fascismo razzista della Lega e lo stato di polizia di Di Pietro. La richiesta di garanzie patrimoniali per le manifestazioni di piazza vuole dare solo ai ricchi e ai partiti la possibilità di esprimere la loro opinione. Il divieto preventivo di partecipare alle manifestazioni, oltre ad essere del tutto inutile, è una misura abietta, degna del potere criminale che subiamo ogni giorno sulla nostra pelle. Registriamo la connivenza tra la stampa mainstream e questa casta al crepuscolo. In pieno clima di “guerra al nemico interno” tipico dei regimi autoritari, si invita alla delazione, anche con la pubblicazione di notizie false e alla schizofrenica condanna di chi si copre il volto per evitare di essere identificato. La stampa di regime racconta che cosiddetti “black block” - definizione tanto oscura quanto generica, spendibile quanto orecchiabile, perfetta per dire tutto e niente - avrebbero impedito la manifestazione. Noi c'eravamo a Piazza San Giovanni e abbiamo visto un’altra storia.
Abbiamo visto la polizia caricare, senza alcun motivo, con la massima violenza, noi e gli altri manifestanti a via Labicana e alla Basilica: prima con i lacrimogeni, poi a piedi, manganellando persone inermi (e a volto scoperto, visto che ci  tengono tanto) e infine con blindati lanciati all'impazzata sulla folla inerme per investire i compagni che non riuscivano a salire sui marciapiedi (tanto da riuscire a ferirne un paio).
La manifestazione è stata impedita dalla polizia, non da altri. Il tentativo di spaccare il movimento in buoni/cattivi non ha alcun senso: a Piazza San Giovanni, la risposta, collettiva e condivisa, della folla alle violente cariche della polizia si deve alla brutalità di reparti armati, addestrati e sicuri dell'impunità (come alla Diaz, a Bolzaneto, nel commissariato del Quadraro, nella stessa caserma dei NOCS e nei tanti posti dove abbiamo modo quotidianamente di vedere all’opera questi criminali).
Ci fanno schifo i politicanti alla Vendola che non riuscendo a mobilitare le folle per proprio conto (solo due settimane prima, a piazza Navona, Vendola aveva portato, pagandogli il viaggio, 5.000 persone da tutta Italia), si autoproclamano portavoce dei 150.000 manifestanti arrivati a Roma da tutta Italia a loro spese, pagandosi il viaggio in questi tempi di crisi economica, per cacciare lui e quelli come lui di cui non se ne può più. Ci fanno schifo tutti i partiti e partitini, come SEL, che per rassicurare sulla propria “bontà” accusano “gli anarchici” di essere coloro che attaccano i manifestanti.
Ci fa schifo l’ARCI che ha favorito l’infiltrazione nel corteo di inesistenti “giovani del PD” cioè del partito che ha inventato e promosso il precariato in Italia (con il pacchetto Treu e la legge Biagi) e che è uno dei maggiori responsabili dell'attuale situazione contro cui si esprimeva il corteo. A tutto questo, ai corifei dei potenti, agli strilloni di regime, alla tattica della paura, all'incessante rumore di sottofondo, a tutti coloro che tentano di coprire l'unica inaudita vera violenza padronale, partitica e poliziesca cui assistiamo, rispondiamo continuando il percorso di mobilitazione e protesta e proseguendo nel nostro progetto di autorganizzazione e comunalismo libertario: è questo, oggi, secondo noi, l'unico modo per evitare che tra qualche tempo del 15 ottobre non resti solo il ricordo di un brutto teatrino da quattro soldi.
Gruppo Anarchico Cafiero – FAI Roma
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